venerdì 11 gennaio 2008

UN'ALTRA OPINIONE SULL'ABORTO

Aborto, quello che gli uomini non dicono (e non fanno)


di Daniela Coli

L’iniziativa di Giuliano Ferrara di una moratoria per la vita è ammirevole, anche se come Gaetano Quagliarello ho dubbi sulla capacità di un risultato positivo, ma soprattutto, come donna, mi pare assente attualmente nel centrodestra l’attenzione per l’universo femminile e per questo oggi, tutto sommato, – a parte eccezioni come Eugenia Roccella – le donne non partecipano alla discussione sull’aborto.
A scanso di equivoci, premetto di essere battezzata, cresimata e comunicata, di non essere credente, di avere votato per il divorzio, ma contro l’aborto e non per ragioni religiose. Ho fatto parte di quella esigua minoranza definita “clerico-fascista” che votò contro l’aborto di “Stato”, pur non essendo religiosa, né votando Dc o Msi, ma perché mi consideravo più femminista delle femministe. Il femminismo degli anni ’70 e ’80 strumentalizzava politicamente le donne, le rendeva ancora più deboli e le mandava al macello a farsi scannare come pecore. Ho visto e vedo ancora troppe ragazze intelligenti dire all’improvviso come automi, con lo sguardo nel vuoto: “Lui dice che devo decidere io, lui non lo vuole, devo decidere io….”.
Sento la rabbia di donne di sinistra, intellettuali e realizzate, quando all’improvviso dicono “Ho fatto sette aborti”. E poi aggiungono: “il mondo è una merda.”. Oppure scrivono sui giornali che “la realizzazione della donna passa sempre attraverso il dramma di un aborto”, ma non avrebbero mai il coraggio di raccontare la ferita dell’aborto e ripetono soltanto “la 194 non si tocca”, quasi come le loro bisnonne che non la davano al fidanzato per paura di non essere sposate.
Sul corpo delle donne si sono combattute e si combattono guerre di ogni genere, lotte politiche; sul corpo delle donne si fanno affari d’oro, e solo una donna libera e forte come Oriana Fallaci ha avuto il coraggio raccontare un aborto. Oriana ha avuto coccodrilli al veleno dai suoi colleghi e una città, anche la mia, che l’ha respinta in fin di vita. Quando leader storiche come Adele Faccio, nata nel ’20, o Luciana Castellina, nata nel ’29, indicavano l’aborto come via obbligatoria, seppur dolorosa, per la liberazione della donna, mi chiedevo cosa sapevano di una ragazzina o di una donna degli anni ’70 e ’80. Quando la Faccio e la Castellina avevano vent’anni c’erano ancora i bordelli. Le ragazzine degli anni ’70 e ’80 sperimentarono l’uomo senza bordelli. “Esco con uno e appena ci sediamo mi mette le mani tra le cosce. Mi metterò i jeans” erano confidenze frequenti al liceo. Furono le ragazzine della pillola e poi dell’aborto.
Perché l’aborto o la maternità deve essere una libera scelta della donna, quando l’amore si fa sempre in due? Escludere il maschio dalla decisione, lascia le donne sole quando hanno bisogno di sostegno e dà agli uomini l’alibi di lavarsene le mani. Sono sempre stata scettica sul libero arbitrio: nessuno è figlio di sé stesso, si nasce tutti da un una donna e da un uomo che non abbiamo scelto, in un luogo e in un tempo che non abbiamo scelto. Se non abbiamo la libertà di scegliere né i nostri genitori, né il luogo, né il tempo in cui veniamo alla luce, la nostra libertà di scelta è piuttosto limitata. Cartesio credeva in fondo di essere nato perché Dio lo aveva voluto.
Il discorso sull’aborto non può limitarsi a dotte discussioni filosofiche o teologiche, esige una riflessione da parte di tutto il centrodestra sulla donna e sull’uomo di oggi. Occorre chiedersi perché non esista un film o un romanzo dove l’amore non finisca in tragedia o in noia. Giorni fa il Times ha pubblicato l’articolo di una giornalista madre di tre bambini, divorziata, che paga un uomo quattro volte al mese per fare sesso: non ha tempo per rapporti d’amore problematici e non vuole sottrarre tempo ai suoi bambini per una storia che finirebbe comunque male. Queste sono le donne di oggi. “Perché a nessuno nei film scappa mai la pipì?” chiedono i bambini più saggi di noi. Nella nostra cultura l’amore è dramma, il sesso nonsense o violenza. Una scopata - chiamiamo le cose con il loro nome - anche una scopata senza cerniera, non è mai per una donna come per un uomo.
Ci sono donne contente di essere rimaste incinte a quarant’anni, anche se il partner è uno sconosciuto: hanno un lavoro decente e possono tenersi il figlio comunque. Ferrara è contro l’inseminazione artificiale, ma dobbiamo riflettere perché le donne sono a favore della fecondazione artificiale: non per eliminare gli uomini, come dice chi le vorrebbero sottomesse, ma perché le donne desiderano fare figli, anche quando gli uomini non vogliono. Sono principalmente gli uomini a non volere figli e non è una crisi del maschio generata dal femminismo; non li hanno davvero mai voluti sul serio anche quando li facevano perché erano necessari per lavorare nei campi o tramandare il cognome. Non sono gli uomini a partorire e se Dio, la natura o il caso ha deciso di far partorire le donne ci sarà una ragione.
L’inseminazione artificiale non è quindi la bandiera di virago deliranti o di donne mature con la fissa di fare figli per egoismo e, prima di liquidarla come Ferrara, per il centrodestra sarebbe meglio pensarci. Ci sono poi ragazzine o donne con difficoltà economiche terrorizzate dall’idea di rimanere incinte, perché non saprebbero cosa fare. Queste ragazzine e donne hanno bisogno di aiuto, perché vorrebbero fare figli, a meno che non siano state violentate. Sostegno non deve darglielo solo lo “Stato”, ma noi tutti, come possiamo, nelle varie istituzione e nella società civile. Ricordo Werner Maihofer, presidente dell’Istituto universitario europeo a Firenze, sostenere una giovane ricercatrice ragazza madre mentre scriveva la tesi di dottorato. La prima volta che ho visto un asilo per i bambini è stato alla Badia, a San Domenico di Fiesole.
In Italia non c’è una cultura della maternità come in ogni paese moderno, non abbiamo posti di lavoro con asili, né alberghi con lettini e seggioloni per bambini. Si allevano cani e non bambini: per queste le donne non hanno altra alternativa se non abortire e per questo dicono di non voler toccare la 194. Le tracce dell’aborto per Laing rimarranno nel corpo e nella mente delle donne per secoli e si esprimono in forme che psicologi e psicoanalisti hanno appena cominciato ad analizzare. Le donne non hanno ancora trovato le parole per dirlo, perché sono storicamente un soggetto debole. Come gli ebrei, quando non avevano ancora la forza di lottare e salivano sui treni che li portavano al macello, come fossero predestinati al sacrificio, una parola che le donne hanno talmente interiorizzato da non opporre resistenza, quando qualcuno dice “ ti amo cara, è terribile, ma per il bene di entrambi occorre qualche sacrificio, devi farlo”. Per quanti secoli ancora le donne dovranno sacrificarsi?
Da non pagare: No
10 gennaio 2008 aborto Italia legge 194

3 commenti:

Fina Llorca ha detto...

La 194 è la Legge sull'aborto in vigore in Italia. Se ne può parlare sia dalla destra che dalla sinistra, tanto per intenderci.

Ma tu, Annina, hai fatto un taglia ed attacca, stavolta, no?

Anna ha detto...

Si, ho fatto un taglia ed attacca. Ho letto quest’opinione e mi è sembrato interessante e non volevo mettere tutto questo nel blog di perbacco.

Fina Llorca ha detto...

E già. Quando mi hai chiesto per posta che cosa diceva "la" 194 non ci ho capito nulla. Solo dopo ho letto il tuo post. Almeno tu avessi scritto la "Legge"!