venerdì 23 novembre 2007

LETTERA A UNA BAMBINO MAI NATO


Una riflessione nell'anniversario della scomparsa di Oriana Fallaci



«Ho sempre amato la vita. Chi ama la vita non riesce mai ad adeguarsi, subire, farsi comandare. Chi ama la vita è sempre con il fucile alla finestra per difendere la vita… Un essere umano che si adegua, che subisce, che si fa comandare, non è un essere umano» (da un’intervista del 1979, di Luciano Simonelli
Lettera a un bambino mai nato

Quest’estate ho letto anche “Lettera a un bambino mai nato” e mi è piaciuto molto.
Il libro è il tragico monologo di una donna che aspetta un figlio guardando alla maternità non come a un dovere ma come a una scelta personale e responsabile. Una donna che vive nel nostro tempo, sola, indipendente e lavora. Il monologo comincia nell'attimo in cui essa avverte d'essere incinta e si pone l'interrogativo angoscioso: basta volere un figlio per costringerlo alla vita? Piacerà nascere a lui? Nel tentativo di avere una risposta la donna spiega al bambino quali sono le realtà da subire entrando in un mondo dove la sopravvivenza è violenza, la libertà un sogno, l'amore una parola dal significato non chiaro.
Questo libro non è quello che uno può pensare e può esserne ingannato, e aspettarsi di assistere allo sfogo femminista di chi vuole fare valere e imporre una posizione. In realtà non è così. Il libro ha il pregio di trattare un tema spinoso come quello dell'aborto lasciandolo però sullo sfondo, facendo emergere, invece, il tema centrale della maternità, che si snoda attraverso il dialogo di una donna con il bimbo che porta.

mercoledì 14 novembre 2007

DA PICCOLA


Io, da piccola, ero una bimba molto tranquilla e curiosa. Giocavo bene da sola e con i miei fratelli, beh, prima solo avevo un fratello, Isidro, dopo è arrivato l’altro, Joan, ma questo è stato quando io avevo già quattro anni. Isidro sempre mi spiegava, perché io non lo ricordo, che da piccola mi mangiavo le ruote delle sue macchinine e lui si arrabbiava tantissimo perché lui ci teneva molto. Il rapporto con i miei genitori era buono, io volevo molto bene al babbo mio perché era molto carino e giocava sempre con noi, sebbene non aveva molto tempo. Lui sempre diceva che quando avrebbe avuto il primo nipote si sarebbe andato in pensione, ma è morto al poco tempo d’aver avuto il primo nipote, mio figlio Marc. Volevo bene anche alla mia mamma, ma lei non era così affettuosa, aveva un altro carattere, non aveva tanta pazienza, sebbene è vero che lei aveva tre bambini piccoli.

Da me non c’erano animali, nessuno, ci mancava solo questo!. È per ciò che io non avevo l’abitudine di convivere con animali e dopo, quando è arrivata Alba, a chi piacciono tantissimo gli animali, non sapevo cosa fare con lei.

Fisicamente io ero una ragazza alta e magra, ma sempre ero ammalata e quando crescevo mi facevano male le ginocchia, e allora il mio babbo mi faceva un massaggio con un liquido che faceva tantissima puzza, si chiamava Sloan, ma andava bene.

Avevo una cugina che aveva più o meno la mia stessa età e sempre giocavamo insieme, perché abitavamo molto vicino, era come mia sorella.

Infine la mia infanzia è stata un’infanzia felice e la base d’una buon’adolescenza, e anche la base d’una felice maturità.

lunedì 12 novembre 2007

IL RE

«Ma perché non stai zitto e lasci parlare?», tuona Re Juan Carlos di Spagna a Hugo Chávez, il presidente venezuelano con aspirazioni da dittatore democratico.
Lo scontro tra due pesi massimi del mondo latino è avvenuto ieri a Santiago del Cile dove si teneva la XVII Conferenza Iberoamericana, un incontro politico economico per pianificare strategie comuni di investimenti tra i Paesi del Sudamerica.

Al vertice era presente anche José Luis Rodríguez Zapatero. Il diverbio nasce da un botta e risposta tra il premier spagnolo e Chávez. Era l’ultima sessione plenaria, Chávez si lancia in un monologo inarrestabile dove accusa il solito Bush e il suo capitalismo, poi dà del «fascista» all’ex premier José Maria Aznar. A questo punto Zapatero, che siede assieme a Juan Carlos, chiede la parola. «Vorrei ricordare - ha detto Zapatero rivolto a Chávez - che qui rappresentiamo tutti un Paese democratico. Si può anche avere una posizione ideologica perfettamente opposta a quella di Aznar e certamente io stesso non condivido le sue idee, ma Aznar è stato eletto in modo democratico dagli spagnoli e bisogna rispettarlo».

Zapatero non ha ancora terminato la sua replica, che Chávez lo interrompe, lanciandosi in una giaculatoria sulla «liberta di espressione e di opinione». E a questo punto il re di Spagna perde la pazienza e indirizza a Chávez un bel: «Ma perché non te ne stai zitto e lasci parlare il primo ministro spagnolo?».
«Por qué no te callas?», dice letteralmente in spagnolo. Poi, Juan Carlos si alza e abbandona la sala seccato, mentre Zapatero scuote la testa dubbioso.

Del resto, che i leader presenti fossero molto diversi l’uno dall’altro, balzava evidente anche
dall’abbigliamento: gli abiti in giacca e cravatta della maggioranza dei presenti hanno fatto risaltare la camicia bianca con il collo alla coreana del presidente nicaraguense, Daniel Ortega, presentatosi senza la giacca.

Cravatta nell’armadio, nella seduta plenaria inaugurale di venerdì, anche per il presidente boliviano, Evo Morales, e quello dell’Ecuador, Rafael Correa, che però se l’è messa per la cena ufficiale, offerta dalla signora Bachelet. Ma la cena ha registrato un altro fatto insolito e sicuramente inedito per le edizioni passate: un presidente non si è presentato perché ha preferito un partita di calcio.
Mentre Juan Carlos pronunciava il discorso ufficiale, Morales segnava il secondo gol dell’8 a 1 con cui la sua nazionale ha battuto una selezione della scuola di carabinieri cilena.



Non ho né parole ne commento, questo Chavez è un impresentabile. Impresentabile e senza nessun’educazione, che lascerà piccolino a Castro, perché lui, sebbene é un dittatore, ha un’educazione gesuitica, e sa come deve stare in fronte el re o di fronte al Pappa. Questo Chavez non ha né educazione ne niente di niente.


domenica 4 novembre 2007

I BAMBINI

Stavo leggendo Olga, e mi stavo divertendo molto con i suoi pensieri, e mi sono ricordata di questi pensieri che hanno a volte i bimbi e che quando glieli spiegano ci lasciano con la bocca aperta, perché hanno la sua logica ma è una logica cosi speciale che a un adulto non si gli avrebbe mai venuto in mente.
Mio figlio, da piccolo, una volta mi ha spiegato che lui pensava che noi avevamo un sacchetto vicino al cuore e che ogni volta che qualcuno ti faceva un bacio, questo andava nel sacchetto e dopo, quando tu facevi un bacio a qualcuno, il bacio andava via dal sacchetto, e per questo si doveva prestare attenzione e non fare più di baci di quelli che ti avevano fato, perché allora il sacchetto resterebbe vuoto. Io gli ho spiegato che questo non funzionava cosi, che i baci sono infiniti e che quanti più baci uno faceva, più baci aveva nel sacchetto e che si qualcuno non faceva mai dei baci, dopo non sapeva come si faceva e non aveva nessun bacio nel sacchetto.
Un’altra volta mi ha spiegato che non sapeva perché quando qualcuno diceva: Buongiorno, l’altro rispondeva: altrettanto. Perché lui pensava che altrettanto voleva dire che avrebbe buongiorno ancora che nessuno li desiderasse questo, e pertanto, lui pensava che tutti erano molto maleducati.
Sono cosi bellini i pensieri dei bimbi!

venerdì 2 novembre 2007

GRAZIE ORIANA


Quest'estate ho letto quattro libri dell’Oriana Fallaci. Ho discoperto quest’autrice per caso, e mi sono sentito molto identificata con tutto quello che dice in tanti aspetti. Mi sono reso conto che Spagna ed Italia sono due paesi che hanno tantissime cose in comune, tanto nel gusto della gente, come nel comportamento dei loro politici.
Quando parla della reazione che avrebbero avuto i politici italiani se l’11 settembre avesse accaduto in Italia, mi ho sentito assolutamente identificata. Nell’Orgoglio e la Rabbia spiega che i politici italiani sarebbero stati dedicati a criticarsi, mentre negli EEUU tutti i politici, erano del partito che erano, hanno appoggiato al presidente e ai parenti delle vittime fronte ai terroristi.

La trilogia “La rabbia e l'orgoglio”, “La forza della ragione”, “Oriana Fallaci intervista se stessa - L'Apocalisse”, fu scritta dopo gli attentati dall’11 settembre. Prima di tutto rovescia la sua ira contro questi fatti cosi orrendi, e contro la reazione d’alcuni occidentali, che ci sono rallegrati ed hanno detto: “Gli sta bene agli americani”, e poi, ci dona la sua visione nel senso in cui i musulmani sono riconquistando Europa per girarla in quello che lei chiama “l’Eurabia”. I suoi argomenti sono brividi. Lei si rovesciò tantissimo in questa trilogia e nella difesa dell’America che dimenticò la sua malattia ed il suo cancro alla fine la uccise dopo averla finita.

Oriana è stata molto criticata per questi libri, e tanta gente l’ha chiamato razzista ingiustamente ma, secondo me, vale la pena di leggergli, sebbene sia per avere un punto di vista complessivo di questi problemi, disegnato dalla sua cultura e visione dal mondo così grande. Lei fu una donna che, grazie alla sua professione, corrispondente da guerra, aveva viaggiato molto e aveva visto tante cose. Questi libri non furono scritti da un aspetto superficiale né banale, ma della sua esperienza ed la sua conoscenza.
Lei sempre diceva che era una signora all’anticha ma, secondo me, fu una bravissima donna che difese sempre le sue idee senza pensare a quello che altri potevano pensare di lei.
Per tutto questo io le dico: “Grazie Oriana”